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La Tunisia e la violenza sui migranti: cosa rivela la nuova Zona Sar

Accuse di violenze e abusi della Garde nationale tunisina emergono con l'istituzione della nuova Zona di ricerca e salvataggio. Scopri le testimonianze e i dati scioccanti.
  • La Tunisia ha dichiarato la propria Zona di ricerca e salvataggio (Sar) il 19 giugno 2024.
  • Più di 80.636 intercettazioni in mare nel 2023, rispetto alle 13.466 del 2020.
  • Oltre 1.300 migranti scomparsi in mare nel 2023, con 341 solo a giugno 2024.

Il 19 giugno scorso, la Tunisia ha dichiarato la propria Zona di ricerca e salvataggio in mare (Sar), un’area che i paesi comunicano alle Nazioni Unite per rendere efficienti i recuperi delle persone in mare. Questo rappresenta un tassello fondamentale per l’Unione Europea e i singoli Stati membri, impegnati da anni nel tentativo di esternalizzare le frontiere marittime e affidare a paesi terzi il controllo del fenomeno migratorio. Bruxelles e l’Italia hanno fornito mezzi, equipaggiamenti e tenuto corsi di formazione alla Garde nationale tunisina, il corpo securitario per le operazioni marittime, per aumentare la capacità d’intervento e intercettazione.

Oggi, sulla sponda nord del Mediterraneo, si moltiplicano le denunce nei confronti delle autorità di Tunisi, accusate di pratiche violente che hanno portato alla morte diretta e indiretta di persone migranti di origine subsahariana. Le accuse vanno avanti da più di un anno, e la Tunisia ha superato la Libia per numero di partenze lungo la rotta del Mediterraneo centrale. Speronamenti volontari, furti di motori, accerchiamenti pericolosi con onde alte e l’instabilità delle imbarcazioni in ferro durante la traversata, lancio di gas lacrimogeni, pestaggi con bastoni e mazze d’acciaio: questi sono i racconti e le testimonianze dei sopravvissuti alle intercettazioni, chiave per interpretare e conoscere il volto violento della Garde nationale.

Testimonianze e immagini satellitari

Un’immagine satellitare elaborata da Placemarks, un progetto per i cambiamenti ambientali, sociali e territoriali nel continente africano, scattata la mattina del 6 aprile scorso nel porto di Sfax, seconda città della Tunisia e zona che registra un alto numero di partenze, mostra circa 100 persone sdraiate lungo la banchina, di fronte a imbarcazioni della Garde nationale, controllate a vista dalle autorità locali. Migranti sudanesi accampati in un edificio abbandonato nella città di Zarsis, nel sud della Tunisia, sono stati per la maggior parte espulsi in Libia e rinchiusi nei centri di detenzione.

Ousman, originario del Gambia, ha raccontato in tempo reale il successo di quella mattina, dall’arrivo a Sfax fino all’espulsione nei pressi di Nalut, in Libia. La sera del 5 aprile, quattro gruppi sono partiti dalle coste di Sfax per un totale di quasi 200 persone. I primi tre sono stati intercettati dalla Garde nationale, mentre l’ultimo ha fatto naufragio con 13 morti. Il dato è stato confermato dalle autorità dopo aver diramato un comunicato su Facebook elogiando l’attività in mare del weekend di inizio aprile: «Nell’ambito della lotta alla migrazione irregolare, nel fine settimana le unità galleggianti della Garde nationale hanno sventato 85 attraversamenti illegali delle frontiere marittime, soccorso e salvato 2.688 persone (2.640 africani subsahariani e 48 tunisini) e recuperato 13 cadaveri».

Operazioni di intercettazione e violenze

Ibrahim, originario della Sierra Leone, non conosceva Ousman, ma probabilmente si sono visti al porto di Sfax quella notte. Il suo nome è di fantasia, e oggi preferisce non svelare dove si trovi nonostante siano passati mesi dall’accaduto. Ibrahim era a bordo dell’ultimo gruppo di 42 persone partite la sera del 5 aprile ed è uno dei testimoni oculari della strage. Poco dopo il tramonto, 21 uomini, 13 donne e otto minori erano a bordo di un barchino in ferro lungo otto metri che ha lasciato la costa di El Amra, zona nord di Sfax. Dopo pochi istanti, gas lacrimogeni sono caduti ai lati e sono entrati a bordo del mezzo.

Le forze dell’ordine tunisine hanno impedito la partenza dei migranti. Dopo un altro tratto di navigazione, la situazione è precipitata. Due gommoni neri della Garde nationale tunisina hanno raggiunto le 42 persone e hanno effettuato giri attorno all’imbarcazione generando un deciso moto ondoso. Il barchino ha iniziato a destabilizzarsi. Uno dei gommoni neri ha speronato la poppa dell’imbarcazione, e un uomo a bordo con una mazza di ferro ha colpito le persone e tentato di rubare i motori, una pratica diffusa nelle operazioni di intercettazione. L’azione ripetuta cinque volte ha portato la piccola imbarcazione a rompersi. In pochi minuti, la barca si è riempita di acqua e ha affondato. La maggior parte delle persone non sapeva nuotare.

Bullet Executive Summary

In conclusione, le testimonianze e le immagini satellitari forniscono un quadro inquietante delle operazioni di intercettazione e delle violenze perpetrate dalla Garde nationale tunisina. Le cifre parlano chiaro: dalle 13.466 intercettazioni in mare del 2020 alle 80.636 del 2023, con oltre 1.300 migranti scomparsi in mare nel 2023 e 341 solo a giugno del 2024. Le pratiche violente della Garde nationale, supportate da mezzi e finanziamenti europei, sollevano gravi preoccupazioni sui diritti umani e la gestione della migrazione nel Mediterraneo centrale.

Riflessione personale: La questione migratoria nel Mediterraneo centrale è complessa e richiede un approccio umanitario e rispettoso dei diritti umani. Le testimonianze di violenze e abusi devono spingere le istituzioni internazionali a rivedere le politiche di esternalizzazione delle frontiere e a garantire la protezione delle persone migranti. È fondamentale promuovere soluzioni sostenibili che affrontino le cause profonde della migrazione, come la povertà e le persecuzioni, e che offrano vie legali e sicure per chi cerca una vita migliore.


Articolo e immagini generati dall’AI, senza interventi da parte dell’essere umano. Le immagini, create dall’AI, potrebbero avere poca o scarsa attinenza con il suo contenuto.(scopri di più)
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