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Pensioni: analisi della riforma Meloni e cosa ci aspetta nel 2025

Approfondiamo come la riforma delle pensioni proposta dal governo Meloni potrebbe cambiare il sistema previdenziale italiano a partire dal 2025, allontanandosi dalla Legge Fornero.
  • Il governo Meloni punta a Quota 41 per tutti, archiviando la Legge Fornero.
  • Proposta una flessibilità in uscita con coefficienti di trasformazione dai 63/64 ai 72 anni.
  • Il requisito di anzianità per la pensione di vecchiaia potrebbe innalzarsi a 25 anni di contribuzione.
  • La spesa pensionistica è aumentata del 7,9% nel 2023 a causa della rivalutazione ISTAT degli assegni.

Dopo 28 anni si potrebbe assistere a una riforma stabile delle pensioni. Come canta Arisa nel brano “Sincerità”, la sincerità è alla base di ogni rapporto stabile e duraturo, un concetto valido anche nei rapporti burocratici. Il governo Meloni ha il dovere di mantenere le promesse fatte in campagna elettorale e mettere in campo misure volte a soddisfare le esigenze dei cittadini. Tra gli obiettivi da realizzare entro fine legislatura si annovera la riforma delle pensioni, con diverse ipotesi che potrebbero essere attuate a partire dal 2025.

Uno degli obiettivi dell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni è di allontanare lo spettro della Legge Fornero. In base a quest’ultima, per andare in pensione i lavoratori devono avere un’età pari ad almeno 67 anni e maturato 20 anni di contributi. Requisiti elevati che rendono per molti l’accesso a tale trattamento una vera utopia. Fanno eccezione i soggetti in possesso di determinati requisiti che possono uscire in anticipo dal mondo del lavoro. Entrando nei dettagli, in base alla legge Fornero possono beneficiare della pensione anticipata gli uomini con almeno 42 anni e 10 mesi di contributi a prescindere dall’età, mentre per le donne tale soglia è pari a 41 anni e 10 mesi di contributi.

A rivoluzionare davvero il sistema delle pensioni è stata la Riforma Dini, che ha introdotto un nuovo modo per calcolare l’importo del trattamento pensionistico, ovvero il sistema contributivo. A 28 anni di distanza dalla riforma Dini, si potrebbe assistere a una riforma stabile delle pensioni. Come proposto dagli esperti del Centro studi di Itinerari Previdenziali, la soluzione ideale potrebbe consistere nel tornare a una “flessibilità in uscita con coefficienti di trasformazione dai 63/64 ai 72 anni e, contemporaneamente, innalzare il requisito di anzianità per la pensione di vecchiaia proponendo – per l’accesso con 67 anni – almeno 25 anni di contribuzione effettiva o un importo di pensione pari a 1,5 volte l’assegno sociale”.

Riforma pensioni 2024: Giorgetti frena

Sull’attesa riforma delle pensioni nella prossima legge di bilancio è giunta una doccia gelata dal ministro dell’Economia Giorgetti, intervenuto al Meeting di Rimini di Comunione e Liberazione il 21 agosto 2023. Prima della pausa estiva, governo e sindacati si erano incontrati per cercare punti di contatto per mettere a punto modifiche alla normativa: da una parte la maggioranza dichiarava di voler arrivare a Quota 41 per tutti, archiviando la Riforma Fornero che dal 2011 ha posto un freno alla spesa previdenziale, come richiesto dall’Europa; dall’altra i sindacati chiedevano maggiori tutele per donne, giovani e lavoratori con mansioni usuranti, oltre che garanzie sugli importi delle pensioni minime.

Il problema di fondo è quello delle risorse che mancano, acuito con l’aumento dell’inflazione, la guerra in Ucraina e il rallentamento dell’economia mondiale, anche se l’Italia ha tenuto bene negli ultimi mesi. Ora la guerra in Medio Oriente ha ulteriormente peggiorato le stime sul futuro economico, non solo italiano ma mondiale. Da indiscrezioni di stampa era emerso che l’intervento poteva contare forse su un budget limitato, di 1,5 miliardi, utile solo a consentire interventi “spot” e non con l’attesa riforma complessiva.

La NADEF ha infatti evidenziato un’impennata della spesa pensionistica che crescerà del 7,9% nel 2023, a causa della forte rivalutazione ISTAT degli assegni. L’intervento del ministero dell’economia del 21 agosto 2023 smorza sul nascere gli entusiasmi e le buone intenzioni: “con questa denatalità impossibile pensare ad aumentare la spesa pensionistica”, ha detto il titolare del Ministero dell’Economia, precisando che non ci sono spazi né nel breve né nel medio periodo.

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  • 🤔 L'importanza di un approccio multigenerazionale......

Le pensioni saranno uguali per tutti: la riforma che nessuno vuole

La società italiana, come quella di tutti i Paesi ad alto e medio reddito, si è trasformata e invecchia. Nel 1939 l’aspettativa di vita alla nascita era pari a 59 anni e mezzo, per poi scendere nel 1943 a causa della Seconda guerra mondiale a 49, e risalire a 59 anni nel 1946. Dalla fine della Seconda guerra mondiale in Italia la vita media si è allungata di oltre 23 anni. Sempre nel 1939 la mortalità infantile nei primi 5 anni di vita colpiva 170 nati ogni mille, ma molti altri non arrivavano ai 18 anni e oggi si è pressoché azzerata. La popolazione, che era per oltre la metà rurale e agricola, è oggi occupata nell’industria e nel terziario.

Per le donne, la metà della popolazione italiana, la parità di genere non è completamente raggiunta ma rispetto al 1946, quando con enorme ritardo è stato dato il diritto di voto, oggi le scuole superiori e l’università vedono una prevalenza femminile. Per tutte queste ragioni la demografia per il nostro Paese è già scritta e la composizione per età nel 2045/50, picco massimo dell’invecchiamento, salvo improbabili e non auspicabili grandi flussi migratori, è già nota nei minimi particolari.

Ciò avrà grandi riflessi sul nostro modello di welfare e in particolare su pensioni, sanità e soprattutto sostegno per la non autosufficienza, considerando che gli ultra 65enni sono oggi il 24% della popolazione (14,16 milioni) e sono destinati a diventare oltre il 35% nel 2045/2050. Gli ultraottantenni, oggi quasi 4,5 milioni, gli ultranovantenni (circa 800mila) e ultra centenari oggi oltre 20mila, sono destinati a raddoppiare.

Età e requisiti per andare in pensione 2024

Negli ultimi anni si sono susseguite numerose modifiche legislative che hanno cambiato i requisiti e le età per andare in pensione. L’esigenza di fondo è di risparmiare sulla spesa previdenziale, uno dei capitoli più pesanti per il bilancio pubblico. La situazione si è particolarmente aggravata negli ultimi anni per l’andamento demografico, che vede da una parte l’invecchiamento della popolazione, dovuto all’aumento della vita media (o meglio speranza di vita) e, contemporaneamente, una forte denatalità per cui le giovani generazioni, che pagano i contributi per finanziare le pensioni, sono sempre meno numerose. Inoltre, per la crisi dell’occupazione stabile, versano sempre meno contributi.

Le principali riforme previdenziali recenti sono:

– La legge Fornero che ha sancito il passaggio definitivo al sistema contributivo, ha codificato il meccanismo che lega l’aumento della speranza di vita alla pensione di vecchiaia e ha eliminato la vecchia pensione di anzianità (quella con 40 anni di contributi a qualsiasi età).
– L’introduzione dell’APE VOLONTARIO, anticipo pensionistico a 63 anni, con un prestito bancario agevolato, garantito gratuitamente ad alcune categorie (APE SOCIALE) e della RITA, la possibilità di anticipare la fruizione di quanto versato alla Previdenza complementare.
– Quota 100, pensionamento anticipato per gli iscritti alle gestioni INPS con 62 anni di età e 38 di contributi. Il decreto non è stato rinnovato dopo il periodo sperimentale ma è stato sostituito da Quota 102, nel 2022 e Quota 103 per 2023 e 2024.

Oggi il sistema prevede:

– La pensione di vecchiaia cui hanno diritto tutti i lavoratori assicurati con la previdenza obbligatoria e che all’età stabilita per legge (67 anni, confermati fino al 2026, che aumentano progressivamente se sale la speranza di vita) abbiano un’anzianità contributiva di almeno 20 anni.
– Svariate modalità di pensionamento anticipato rispetto all’età della pensione di vecchiaia (Pensione anticipata della legge Fornero, APE volontario o sociale, Isopensione, Quota 103, pensione anticipata per mansioni usuranti e lavoratori precoci, Opzione Donna).

Bullet Executive Summary

In conclusione, la riforma delle pensioni rappresenta un tema cruciale per il futuro del nostro sistema previdenziale. L’invecchiamento della popolazione e la denatalità pongono sfide significative alla sostenibilità del sistema pensionistico. Le proposte di riforma mirano a bilanciare la necessità di flessibilità in uscita con la sostenibilità finanziaria, cercando di garantire un trattamento equo per tutte le generazioni.

Una nozione base di invecchiamento e cura: l’invecchiamento della popolazione richiede politiche previdenziali che tengano conto delle esigenze di una popolazione sempre più anziana, garantendo al contempo la sostenibilità del sistema.

Una nozione avanzata: la sostenibilità del sistema pensionistico moderno dipende anche dalla capacità di integrare nuove forme di previdenza complementare e di incentivare il ricambio generazionale nel mercato del lavoro.

La riflessione personale che emerge è che ogni riforma deve tenere conto non solo delle esigenze immediate ma anche delle implicazioni a lungo termine per le future generazioni, cercando un equilibrio tra equità e sostenibilità.


Articolo e immagini generati dall’AI, senza interventi da parte dell’essere umano. Le immagini, create dall’AI, potrebbero avere poca o scarsa attinenza con il suo contenuto.(scopri di più)
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