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- Il progetto Blueprint è stato lanciato nel 2021 con un investimento milionario.
- La velocità di invecchiamento di Johnson è di 0,64, più lenta del 99% dei ventenni.
- Il protocollo prevede l'assunzione di oltre 100 pillole al giorno e trattamenti sperimentali.
- Il costo annuale del protocollo è di 2 milioni di dollari, rendendolo inaccessibile alla maggior parte delle persone.
Il documentario “Don’t Die: L’uomo che vuole vivere per sempre“, disponibile su Netflix dal 1° gennaio 2025, esplora la vita e le ambizioni di Bryan Johnson, un imprenditore tech americano che ha deciso di sfidare l’invecchiamento. Johnson ha investito milioni nel “Blueprint Project”, un programma anti-invecchiamento che combina scienza e tecnologia per rallentare, se non invertire, il processo di invecchiamento. Questo progetto, lanciato nel 2021, coinvolge un team di 30 medici e prevede l’assunzione di centinaia di pillole al giorno, una dieta rigorosa, allenamenti quotidiani, terapie all’avanguardia come trattamenti agli infrarossi e trasfusioni di plasma, nonché l’uso di algoritmi predittivi e terapie geniche sperimentali.
Secondo Johnson, il suo protocollo ha portato a risultati straordinari: nonostante i suoi 47 anni anagrafici, il suo corpo avrebbe l’età biologica di un ventenne. La velocità di invecchiamento di Johnson è ora di 0,64, più lenta del 99% dei ventenni, e ha ridotto l’infiammazione corporea dell’85% rispetto alla media dei diciottenni. Ciononostante, non mancano critiche al progetto. Alcuni esperti, come Vadim Gladyshev di Harvard, sostengono che l’approccio di Johnson sia più una ricerca di attenzione che scienza vera e propria.
Un Protocollo di Vita Straordinario
La routine quotidiana di Bryan Johnson è tanto affascinante quanto rigorosa. Ogni giorno, si sveglia alle 4:30 del mattino e consuma tutti i suoi pasti prima delle 11:00. La sua giornata include 90 minuti di allenamento fisico, l’assunzione di oltre 100 pillole, e una serie di trattamenti sperimentali, tra cui una terapia con il gene della follistatina. Johnson si sottopone anche a risonanze magnetiche e trattamenti alla pelle settimanali. La sua dieta è altrettanto rigorosa, con pasti che includono broccoli bolliti, cavolfiori, funghi e aglio, o un pudding con semi di chia e noci di macadamia.
Nonostante il suo arduo regime, numerosi esperti restano dubitativi. Andrew Steele, un ricercatore specializzato nella scienza della longevità, enfatizza il ruolo cruciale della genetica nell’aspettativa di vita e che nessuna delle pratiche attuate da Johnson può alterarlo. In aggiunta, la FDA ha sollevato preoccupazioni su alcune delle terapie quali le trasfusioni di plasma, suggerendo che possano essere pericolose.
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Questioni Etiche e Sociali
Il documentario solleva importanti questioni etiche e sociali. È giusto cercare di vivere per sempre? Quali ripercussioni ci sarebbero se soltanto i più abbienti potessero accedere all’immortalità? Queste inchieste formano il nucleo del dialogo che il documentario intende incoraggiare. Bryan Johnson, con il suo motto “Don’t die”, invita altri a unirsi a lui nella lotta contro l’invecchiamento, ma il costo stimato del suo protocollo, 2 milioni di dollari all’anno, lo rende inaccessibile alla maggior parte delle persone.
Il regista Chris Smith, noto per il suo interesse per storie di personaggi controversi, offre uno sguardo intimo sulla vita di Johnson, esplorando non solo le sue pratiche di benessere, ma anche l’effetto che queste hanno su chi lo circonda, in particolare sul figlio adolescente Talmage. Le scene che coinvolgono padre e figlio sono particolarmente suggestive, mostrando il desiderio di Johnson di trascorrere più tempo possibile con il figlio e di offrirgli, e all’umanità, la possibilità di una vita eterna.
Riflessioni su Longevità e Libertà
Il documentario “Don’t Die” non offre risposte definitive, ma invita a considerare questioni fondamentali sulla natura della vita e del trascorrere del tempo. L’esperienza di Bryan Johnson ci spinge a esaminare la nostra relazione con l’avanzare dell’età e la finitezza della vita, aprendo nuovi orizzonti nel discusso tema della longevità e della tecnologia. Pur con i progressi scientifici che non smettono di avvenire, la domanda resta: saremo mai in grado di prevalere sulla morte? E se per caso ci riuscissimo, sarebbe davvero ciò di cui abbiamo bisogno?
In un mondo in cui la ricerca dell’immortalità è da sempre un sogno umano, la storia di Johnson ci ricorda che la vera libertà potrebbe risiedere non nel controllo assoluto del nostro corpo, ma nella capacità di accettare il naturale corso della vita. La sua esperienza ci invita a riflettere su come le possibilità economiche influenzino la nostra salute e longevità, e su come la vera sfida sia garantire a tutti l’accesso a una vita lunga e sana.
Invecchiamento e cura sono temi complessi, che toccano non solo la scienza ma anche la nostra visione del mondo. Mentre ci sforziamo di migliorare la nostra salute e prolungare la nostra vita, è fondamentale considerare le implicazioni etiche e sociali di tali sforzi. La storia di Bryan Johnson ci offre una prospettiva unica su queste questioni, stimolando una riflessione personale su cosa significhi veramente vivere una vita piena e significativa.