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Scopri come Singapore sta rivoluzionando l’invecchiamento attivo per combattere la demenza

Singapore ha ridotto i casi di demenza grazie a politiche innovative di invecchiamento attivo, con un calo dal 10% all'8,8% in dieci anni. Scopri le strategie che stanno facendo la differenza.
  • 10% di casi di demenza ridotti a 8,8% in dieci anni grazie alle politiche di invecchiamento attivo.
  • Aumento del 25% nella sopravvivenza media dei topi attraverso la disattivazione della proteina IL-11.
  • Nel 2023, più anziani lavoratori e con un livello di istruzione superiore rispetto al 2013.

Nel corso dell’ultimo decennio, Singapore ha implementato diverse politiche innovative per incentivare l’invecchiamento attivo, una tattica identificata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come “il processo di ottimizzazione delle opportunità di salute, partecipazione e sicurezza per migliorare la qualità della vita delle persone che invecchiano”. Queste iniziative mirano a potenziare la salute fisica, mentale e sociale delle persone anziane attraverso attività fisiche, controlli periodici per la prevenzione di malattie croniche e campagne di sensibilizzazione.

L’approccio adottato ha dato il via a uno studio senza precedenti, che viene condotto regolarmente dal Ministero della Salute di Singapore in collaborazione con l’Università di Singapore e il King’s College di Londra, conosciuto come Well-Being of the Singapore Elderly (WiSE).

Partecipanti di età superiore ai 60 anni residenti a Singapore hanno mostrato una diminuzione dei casi di demenza documentati nel Paese: attualmente l’8,8% delle persone over 60 è affetto da demenza, rispetto al 10% registrato dieci anni fa.

I ricercatori attribuiscono questi risultati esattamente alle politiche per l’invecchiamento attivo implementate.

La dottoressa Mythily Subramaniam, co-autrice dello studio, ha spiegato: “Quando confrontiamo le caratteristiche della popolazione tra i due studi, ciò che emerge è il cambiamento nello stato occupazionale e nel livello di istruzione.

Abbiamo riscontrato che nel 2023 il numero di anziani lavoratori a Singapore era maggiore e il loro livello di istruzione era superiore rispetto al 2013.

Le politiche di invecchiamento attivo a Singapore

Le politiche attuate per promuovere l’invecchiamento attivo a Singapore mirano a potenziare il benessere fisico, mentale e sociale degli anziani. Il governo sostiene uno stile di vita salubre attraverso programmi di esercizio fisico, controlli regolari per la prevenzione di malattie croniche e iniziative di sensibilizzazione. Incoraggia inoltre l’educazione continua come mezzo per preservare le capacità cognitive, organizzando corsi di formazione e attività culturali per favorire l’apprendimento e il coinvolgimento sociale.

Inoltre, favorisce la partecipazione comunitaria degli anziani tramite programmi di volontariato, gruppi di sostegno e centri di attività per anziani, contribuendo a ridurre l’isolamento sociale e a migliorare il benessere emotivo generale. Questi interventi consentono agli anziani di mantenere una maggiore indipendenza e una qualità della vita elevata.

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  • 💡 Singapore dimostra come l'invecchiamento attivo possa... ...
  • 🔴 Nonostante gli sforzi, il tasso di demenza resta... ...
  • 🌐 Interessante notare come l'anosognosia migliori paradossalmente... ...

La scoperta della proteina IL-11 e le sue implicazioni

Uno studio recente, pubblicato sulla rivista Nature, ha evidenziato una scoperta che potrebbe cambiare radicalmente il modo in cui affrontiamo l’invecchiamento. Ricercatori della Duke National University e del National Heart Research Institute di Singapore, in collaborazione con l’Imperial College di Londra e la Duke University, hanno individuato una proteina infiammatoria denominata IL-11, la cui disattivazione può aumentare significativamente la durata della vita sana nei topi, fino al 25%.

Attraverso l’utilizzo di tecniche di ingegneria genetica, i ricercatori hanno notato un incremento del 25% nella sopravvivenza media dei topi.

Questi sviluppi sono promettenti e potrebbero suggerire che la riduzione della proteina IL-11 possa produrre effetti simili negli esseri umani.

In questo momento, i trattamenti anti-IL-11 sono in fase di sperimentazione clinica per altre condizioni infiammatorie, e potrebbero presto offrire nuove opportunità per studiare il loro impatto sul processo di invecchiamento negli esseri umani. Alessandro Sgambato, ordinario di Patologia Generale all’Università Cattolica di Roma, commenta: “Questo studio rappresenta un’importante avanzamento nella comprensione dei meccanismi molecolari dell’invecchiamento e potrebbe aprire la strada a terapie innovative per migliorare la qualità della vita degli anziani.”

Il ruolo della qualità di vita nella demenza

La demenza è una condizione degenerativa che porta ad un progressivo declino delle funzioni cognitive, inclusa la capacità di pensiero in tutte le sue componenti. Differenze sottili nei processi patologici e nelle aree del cervello colpite generano una vasta gamma di sintomi, che vanno dai disturbi della memoria e del linguaggio fino all’afasia (perdita della capacità di parola), alla difficoltà di mantenere la concentrazione, a manifestazioni comportamentali e persino a cambiamenti della personalità.

La causa principale si trova in una specifica area del cervello che coinvolge una struttura a forma di “Y” denominata ippocampo e parte del lobo temporale, zone chiave per la formazione dei ricordi. L’ippocampo può essere visto come un centro di smistamento che collega diverse aree della corteccia cerebrale, anche se lontane e apparentemente sconnesse, come quelle preposte al linguaggio e alla vistione, creando connessioni che permettono di evocare ricordi, associare pensieri e generare fantasie.

Un altro aspetto significativo da considerare nei malati di demenza è la consapevolezza della propria condizione. È interessante notare come il declino delle facoltà mentali abbia un impatto emotivamente negativo soprattutto nelle fasi iniziali della demenza e non quando la malattia è in stadio avanzato. Una possibile spiegazione è che il deterioramento cognitivo avanzato inneschi una condizione nota come “anosognosia”, che comporta una perdita di consapevolezza della propria malattia, portando ad una riduzione della sensibilità alle alterazioni del proprio rapporto con l’ambiente esterno e paradossalmente migliorando la qualità della loro vita.

I ricercatori hanno spesso cercato di capire quali siano i fattori primari che influenzano la qualità di vita di una persona con demenza al fine di delineare le strategie più efficaci di prevenzione e trattamento di una malattia che è sia cronica che progressiva. Sicuramente il “vivere bene” non può essere definito solamente in termini di benessere fisico, poiché questo rappresenta solo una minima parte di un concetto più approfondito e complesso.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha introdotto una visione complessa del concetto di qualità della vita, rilevando quest’ultima come “l’insieme delle percezioni di un individuo riguardo alla propria posizione nel contesto culturale e nel sistema di valori in cui vive, correlata ai propri obiettivi e aspettative”. Pur essendo inclusa la salute fisica, questa viene considerata come un aspetto secondario rispetto alle interazioni interpersonali, alle emozioni e all’autopercezione, tutti elementi profondamente influenzati dall’ambiente culturale di riferimento.


Articolo e immagini generati dall’AI, senza interventi da parte dell’essere umano. Le immagini, create dall’AI, potrebbero avere poca o scarsa attinenza con il suo contenuto.(scopri di più)
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